Draghi taglia il costo del denaro

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Il Mattino

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La prima mossa di Draghi da presidente della Bce è stato il taglio di un quarto di punto dei tassi di interesse. Non è l'inflazione a preoccupare i governatori delle banche centrali di Eurolandia, ma l'economia. Gli ultimi dati segnalano per questi ultimi mesi dell'anno «una crescita molto modesta o una lieve recessione». Così, per sostenere la ripresa, la banca centrale dell'euro usa lo strumento più forte che ha, e taglia all'1,25% il tasso di riferimento, quello che influenza l'intera struttura dei tassi europei fino al costo del denaro per imprese e famiglie.

È stata una mossa inaspettata. Diversi osservatori davano più probabile una scelta di prudenza in questo delicato momento del cambio della guardia, in modo da sgombrare il campo da ogni dubbio sull'impegno del neo presidente, che ha il peccato originale di essere italiano, nel perseguire la stabilità dell'euro. Proprio la prudenza ha invece convinto Draghi e i governatori di Eurolandia che la marcia indietro sui tassi non era rinviabile, e che l'1,5% fissato a maggio non era più adeguato alla gravità della situazione. La congiuntura è in netto peggioramento, mentre l'inflazione è destinata a scendere sotto il 2% con il rallentamento dell'economia.

Nella prossima riunione di dicembre il consiglio direttivo della Bce renderà note le stime più aggiornate. Ma il quadro è preoccupante se ieri è stato possibile quello che un mese fa Jean-Claude Trichet presidente non era riuscito ad ottenere. Non c'era l'unanimità sul taglio dei tassi. La Germania, come sempre, capeggiava il gruppo dei resistenti. Ieri invece c'è stato il sì all'unanimità, per dare una spinta alla crescita. E non è detto che entro fine anno non arrivi un altra sforbiciata. Draghi non si è sbilanciato e ha ricordato come il suo predecessore rispondeva sempre a domande di questo tipo: «la Bce non si impegna anticipatamente».

Choc positivo per investimenti, consumi e mutui variabili

È una delle lezioni base di politica monetaria: un costo del denaro più basso stimola investimenti e consumi. Spese produttive, ma anche personali e familiari. Insomma crescita e sviluppo, soprattutto in assenza di spinte inflazionistiche. E allora vediamo chi potrebbero essere i maggiori beneficiari della prima decisione dell'era Draghi alla Bce.

Famiglie e mutui in corso

Risparmierà solo chi ha già un contratto di mutuo a tasso variabile. Secondo le prime simulazioni di MutuiSupermarket.it, il taglio di 25 punti base del tasso Bce su un mutuo di 100.000 euro a 20 anni «fa scendere la rata mensile di circa 13 euro, per un risparmio annuale di poco superiore ai 150 euro». I mutui variabili generalmente hanno come tasso di riferimento l'Euribor a tre mesi, che è un tasso di mercato (interbancario) e dunque esposto all'incontro della domanda e dell'offerta. Spesso il mercato interbancario precede le mosse dell'istituto di Francoforte. Ma in questo caso la decisione di Draghi è stata una sorpresa, cosicché è probabile un alleggerimento delle rate del mutuo. Ieri l'Euribor a un mese era in ribasso da 1,361% a 1,36%, l'Euribor 3 Mesi in ribasso da 1,584% a 1,58%. I valori dei future quotati a Londra indicano infatti per il tasso a 3 mesi un valore dell'1,30% a fine 2011, dell'1% fra un anno e una risalita al 2% soltanto nel 2015.

Famiglie e nuovi mutui

Sul piano di ammortamento oltre al tasso di riferimento incide lo spread, ovvero il differenziale applicato dalla banca per coprire i propri costi (raccolta, rischi di insolvenza, ecc.). Ultimamente gli istituti hanno aumentato sensibilmente gli spread, a causa di una provvista a loro volta più cara, dovuta sia ai recenti downgrade delle società di rating e sia all'onda lunga del balzo del differenziale tra Btp e Bund. E così nonostante Euribor e Irs (quest'ultimo è il riferimento per i mutui a tasso fisso) siano a livelli bassi, accendere un mutuo era diventato molto più costoso. La mossa a sorpresa di Draghi rende più conveniente la raccolta delle banche che, quindi dovrebbero abbassare il costo dei nuovi mutui.

Acquisti a rate

Praticamente per le stesse motivazioni dei mutui, anche il credito al consumo stava subendo un'impennata. Secondo le rilevazioni di Bankitalia tra giugno e settembre 2011 i contratti di credito finalizzato (elettrodomestici, auto, ecc.) viaggiavano su tassi medi del 10,46% annuo; i crediti personali sull'11,21%. Ora ci dovrebbe essere un calo.

Imprese e finanziamenti

Secondo recenti calcoli del quotidiano Il Sole 24 ore, le imprese italiane su uno stock complessivo di 105 miliardi di euro di credito, hanno pagato quest'anno un miliardo e mezzo come extra costo. Sia come effetto diretto del caro-raccolta delle banche e sia a causa dell'aumento dello spread tra Btp e Bund. Per reggere la concorrenza dei titoli di Stato le aziende che hanno lanciato prestiti obbligazionari in questo periodo hanno dovuto offrire tassi superiori al 5,5%, contro i 3,5% delle loro omologhe tedesche e francesi.

Conti pubblici

Se la decisione di Draghi avesse qualche effetto positivo anche sulla speculazione sui nostri titoli di Stato, l'effetto benefico oltre che sulle imprese ci sarebbe anche per la bolletta Stato.

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