Tra i contenuti del decreto sviluppo ci dovrebbe essere anche l’introduzione di una garanzia statale sui mutui stipulati da giovani coppie sposate e senza reddito sicuro.
Quanto ci sia di reale lo potremo constatare solo quando ci sarà un testo di legge definitivo. Il problema vero sul mercato dei mutui in questo momento è, però, che il finanziamento rischiano di non trovarlo anche i potenziali acquirenti di casa, coniugati e non, che avrebbero la possibilità di pagare rate ragionevoli senza aiuti. Gli ultimi dati resi noti dal Crif, la centrale rischi al cui vaglio passano le richieste di finanziamento, parlano di un vero e proprio crollo delle domande a settembre: -23% rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
L’analisi
La crisi dei debiti sovrani sta impattando in maniera pesante sull'offerta di credito. I tassi delle migliori offerte sono saliti di mezzo punto dalla fine di settembre, un effetto che a prima vista si può giudicare limitato, poiché comporta su 100mila euro un esborso mensile di circa 30 euro in più. Il fatto è che si tratta appunto delle migliori offerte, riservate a una clientela «prime», e solo delle poche banche che in questa fase trovano interesse per un mercato giudicato troppo rischioso.
Analizzando i tassi a 20 e 30 anni offerti sul sito mutuionline (in pagina riportiamo solo le cinque migliori condizioni) si scopre che tra le offerte più economiche e quelle meno appetibili c'è una differenza che va da un punto e mezzo a due punti. Nei prestiti fissi a 20 anni il gap di rata è di 104 euro, da 636 a 740. Nel trentennale è di 65 euro da 537 a 602. Nei variabili a 20 anni la differenza tra il mutuo migliore e il peggiore è di 97 euro, da 554 a 651; nel trentennale è di 46 euro, da 454 a 500.
Prima dell'estate un'analoga ricognizione avrebbe segnalato differenze confinate nell'ambito dei decimi di punto. E' da notare che nei finanziamenti trentennali nessuna delle banche presenti sul sito offre spread inferiori ai due punti.
La rata media mensile delle cinque offerte in tabella a 20 anni è di 584 euro per il variabile contro i 654 del fisso, con una divario di 70 euro. A 30 anni il gap è di 94 euro: 472 euro medi per il variabile contro i 566 del fisso. Sono differenze contenute, che lette di per sé potrebbero anche consigliare di puntare sul fisso se non ci fosse il problema che se si avvia oggi una pratica non c'è una reale garanzia di riuscire a «cristallizzare» le condizioni.
La maggiorazione
Il movimento all’insù dei tassi è tutto dovuto al rialzo degli spread, perché i parametri di indicizzazione sono rimasti a livelli medio bassi. L'Eurirs, cui sono legati i prestiti a tasso fisso, nelle durate ventennali e trentennali si pone poco sopra il 3%, l'Euribor, parametro dei variabili, è all'1,40% per le durate mensili e all'1,6% per il trimestrale. CorrierEconomia ha provato a valutare le politiche di spread adottate dalle principali banche italiane esaminando le condizioni desumibili dai fogli informativi che gli istituti pubblicano sui loro siti.
In tabella riportiamo i dati di una quindicina di istituti sui fogli aggiornati alla data del 18 ottobre. Come si può verificare dalla lettura dei numeri solo il Bancoposta propone uno spread inferiore al 2%. Banca Intesa e Monte Paschi indicano un tasso fisso sganciato dall'indicizzazione all'Eurirs (ma lo spread reale in entrambi i casi è del 2,6%), un'altra big dell'intermediazione come Unicredit propone il 3,5% e gli altri istituti vanno in ordine sparso, per arrivare al 4% di Banca Sella, al 4,5% della Popolare di Vicenza e del Credem e addirittura al 5% della Popolare di Sondrio. Va precisato che si tratta di condizioni massime e che le banche possono proporre spread più bassi. Ma tutto è lasciato alla trattativa individuale e comunque chi chiede costi così alti evidentemente oggi mutui non ne vuole fare.
Commenta Stefano Rossini, amministratore delegato del portale MutuiSupermarket.it: «Molte banche hanno deciso di posizionarsi fuori mercato almeno sino a quando non si vedrà più chiaro sulle prospettive economico-finanziarie nazionali e internazionali e in attesa di definire le strategie per il 2012. D'altronde, in un momento in cui il costo della liquidità è alle stelle, il mutuo diventa meno interessante in termini di margini e pone al tempo stesso rischi sempre più elevati, legati all'incertezza economica, con la disoccupazione che potrebbe aumentare e le aspettative di reddito diminuire per molti italiani».
Gli effetti sul mercato immobiliare
L'aumento dei tassi, e la stretta sul credito, potrebbero allontanare le prospettive di ripresa del mercato immobiliare, che appare destinato a muoversi, come già sta facendo da almeno tre anni, con due velocità: da una parte le abitazioni di medio e alto livello che si continuano a vendere anche se con lievi riduzioni di prezzi e in tempi lunghi. E le abitazioni di fascia bassa che faticano sempre più a trovare una domanda solvibile.
Questa lettura del mercato è supportata anche dai dati: l'Agenzia del Territorio segnala che nel primo semestre dell'anno le vendite di abitazioni sono scese del 5,3%, mentre le richieste di mutuo nei primi 9 mesi dell'anno sono diminuite dell'11%. Significa che in parte la domanda è sostenuta dalla richiesta di case per investimento, che oggi, secondo Tecnocasa, rappresenterebbero quasi il 22% del mercato. Chi compra per poi locare di norma lo fa per investire somme di cui dispone e non ricorre al mutuo.
E la rottamazione diventa complicata
I super spread richiesti oggi dalle banche rischiano non solo di condizionare negativamente il mercato immobiliare, ma di cristallizzare anche quello dei mutui. Surrogare un prestito a questi spread può risultare spesso poco conveniente. Oggi, per fortuna, non c’è questa necessità. Ma domani?
«Le banche che chiedono formalmente tassi alti, lo fanno perché vogliono clienti super sicuri. E con tutta probabilità, anche se trovassero il cliente disposto a riconoscere i tassi richiesti, rifiuterebbero il finanziamento
perché danno per scontato che il mutuo verrebbe surrogato non appena ne maturassero le condizioni». A parlare è Roberto Anedda, vice presidente di MutuiOnline, che segnala anche il deciso rallentamento di domande di richieste di rottamazione di finanziamenti dovuto proprio all'aumento degli spread.
Ma ha ancora senso surrogare alle condizioni attuali? Oggi chi ha in corso un mutuo fisso, se non ha problemi economici e vuole ridurre la rata passando al variabile, può ancora compiere significativi risparmi, nell'ordine di un centinaio di euro su un debito residuo di 100mila euro. Ovviamente correndo maggiori rischi.
Se, invece, ha difficoltà a pagare le rate attuali è meglio rinegoziare con la banca chiedendo un allungamento dei tempi e magari sfruttando, avendone i requisiti, la possibilità di sospendere per un anno il pagamento della quota capitale o dell'intera rata: fino al 31 gennaio le banche sono obbligate a concedere la moratoria, purché si rientri nei parametri stabiliti dai singoli istituti (sul sito www.abi.it, nella sezione piano famiglie c'è il documento ufficiale che riporta i requisiti che devono avere i clienti banca per banca). Se si è alle strette è assolutamente sconsigliabile surrogare a tasso variabile.
Chi, invece, ha un tasso variabile e non ha particolari problemi a pagare le rate non ha interesse a surrogare restando sull’indicizzato. Passare a tasso fisso è un'operazione giustificabile solo con la paura per una ripresa forte del costo del denaro o addirittura se si ha il terrore che l'Italia esca dell'euro, uno scenario che appare fortunatamente molto improbabile ma che sarebbe obiettivamente catastrofico per chi avesse in corso un prestito a tasso variabile.
Se si ha difficoltà a pagare le rate, la strada dell'allungamento del debito (questo sì anche con la surroga) è la migliore. La sospensione delle rate con la rinegoziazione obbligatoria andrebbe invece evitata, perché nessuno può garantire che tra un anno l'Euribor sarà al livello attuale e si rischia di dover sborsare rate più alte oltre a pagare per un anno di più.