Mutui più cari per colpa dello spread

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La situazione delle banche italiane sta condizionando pesantemente, e non in senso positivo, il mercato dei mutui. Il credito fondiario, nonostante la Bce non abbia mosso dito sul tasso ufficiale e, anzi, le aspettative siano orientate verso una limatura piuttosto che un incremento del costo del denaro, continua infatti a restare in un perenne stato di tensione. Lo stesso in cui vivono le banche italiane.

Un paio di settimane fa l’agenzia di rating Standard & Poor’s, dopo il downgrade sul debito pubblico, ha tagliato l’outlook di 15 banche italiane, portandolo da stabile a negativo, e ha declassato il giudizio per altri sette istituti di credito. A stretto giro la collega e concorrente Moody’s ha abbassato il rating su Bot e Cct, una decisione che era attesa da oltre un mese. Bruciata sul tempo da S&P, Moody’s ha voluto «strafare» sull’altro fronte, quello del voto, tagliato in un sol colpo di tre notch. E giovedì sono arrivate le bocciature per i bond delle grandi società italiane, comprese ovviamente le due maggiori banche, Unicredit e Intesa Sanpaolo.

La riduzione dei rating sui singoli istituti «non ha determinato gravi conseguenze per gli stessi - ha assicurato il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Giuseppe Mussari - anche perché le banche del Belpaese partivano da giudizi abbastanza alti». Ma la catena di trasmissione che dalla raccolta - divenuta giocoforza più costosa a causa del maggior rendimento che banche e Paese devono riconoscere agli investitori per fare accettare la propria carta dal mercato - arriva agli impieghi non è rimasta ferma. E così il tasso di interesse applicato ai mutui sta evidenziando un generalizzato aumento.

Tale sensazione, concretamente palpabile facendosi un giro su Internet tra blog e gruppi di discussione di consumatori o promossi da società finanziarie, ha avuto un riscontro numerico giovedì con i dati sui «Principali tassi bancari» diffusi da Bankitalia. Secondo l’istituto centrale il costo del credito fondiario è salito in misura considerevole durante il mese di agosto. In particolare il Taeg medio applicato ai mutui è passato dal 3,51% di luglio al 3,70% di agosto; in pratica l’1% in più rispetto all’agosto dello scorso anno, quando viaggiava al 2,71 per cento.

A differenza di quanto accaduto nel 2008, quando la sfiducia sulle banche e tra banchieri era talmente alta da portare il tasso interbancario sopra il 5% e il mercato dei mutui sull’orlo del collasso, oggi l’Euribor a tre mesi (principale indice di riferimento per i mutui a tasso variabile) si muove placidamente poco sopra l’1,5%, e l’Irs a venti anni (utilizzato per il tasso fisso di medesima lunghezza) è addirittura in calo al 2,86 per cento. Un valore che coincide con un minimo storico del 2006. L’aumento del costo dei finanziamenti per l’acquisto della casa dipende quindi da un altro fattore, che non può essere che lo spread, ossia quella manciata di punti base che la banca erogatrice aggiunge al tasso di riferimento per ottenere il costo complessivo del finanziamento e che, al netto di costi vari, costituisce il suo guadagno.

«Quello dell’aumento dello spread è un fenomeno generalizzato che è iniziato a giugno - conferma Stefano Rossini, amministratore delegato di Mutuisupermarket.it - Dal nostro osservatorio abbiamo calcolato un aumento medio dello spread applicato sul tasso variabile di 10-15 punti base, e di 35-40 punti base sul tasso fisso. E peraltro è proprio su questi mutui che, paradossalmente, nonostante l’aumento maggiore, l’effetto finale resta sotto traccia». L’Irs, come accennato, è in netta discesa, su tutte le scadenze. Il costo dei nuovi mutui a tasso fisso dovrebbe quindi scendere. Cosa che effettivamente sta succedendo, ma meno di quanto non calino i tassi. Le banche, insomma, tramite lo spread si stanno intascando parte del minor costo dei mutui.

«Le banche stanno mettendo mano ai listini, tenendo presente le crescenti difficoltà di funding e le relative scelte di posizionamento del prodotto mutuo», dice Roberto Anedda, direttore marketing di Mutuionline.it. Il risultato è un generalizzato incremento degli spread, che in certi casi, come per esempio per Unicredit, sono arrivati al 3,5%. Un dato notevole, soprattutto se si conta che a inizio anno le offerte più aggressive prevedevano spread attorno all’1%. «L’attesa è per una prosecuzione sino a fine anno dell’incremento dei tassi - aggiunge Anedda - con lo spread offerto che, in media, si dovrebbe stabilizzare tra il 2 e il 2,6%. Anche se ci saranno banche che, preferendo altri impieghi, terranno spread superiori al 3%», di fatto scoraggiando i clienti. A questo, inoltre, si accompagnerà una politica bancaria più restrittiva nel concedere finanziamenti personali, compreso per l’acquisto della casa. «Ci attendiamo che il valore dell’erogato cali del 10% rispetto allo scorso anno, che era stato un anno di relativo recupero per la finanza immobiliare», conclude Anedda. E da questo punto di vista, inoltre, nemmeno il settore immobiliare, con compravendite in forte calo e prezzi in leggera contrazione, sembra potere indicare previsioni divergenti.

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