Non sembra esserci luce in fondo al tunnel in cui si è infilato il mercato dei mutui. I dati più aggiornati sulla domanda da parte delle famiglie italiane raccolti da Crif parlano chiaro: le richieste hanno registrato l’ennesimo crollo anche nel terzo trimestre del 2012, quando sono risultate il 42% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato che consolida una dinamica negativa che si protrae ormai praticamente senza eccezioni dall’inizio del 2010 e che negli ultimi 4 trimestri (tutti assestati su decrementi superiori al 40%) si è fatta sempre più pesante, di pari passo con la crisi economica.
Non ci vuole molto infatti a capire che il fenomeno, oltre a riflettere la drastica riduzione delle domande per prodotti di sostituzione e surroga (nei primi 9 mesi del 2012 sono state il 2% del totale contro il 12,6% di due anni prima, semplicemente perché l’aumento degli spread praticati sui nuovi prodotti non rende conveniente il cambio), ha a che vedere con le difficoltà delle famiglie italiane, testimoniate proprio questa settimana dai dati Istat sul potere d’acquisto (-4,1% annuo nel secondo trimestre 2012) e sulla capacità di risparmio (scesa all’8,1%) dei consumatori.
«La stagnazione del mercato del lavoro, la riduzione del reddito reale a disposizione delle famiglie, la contrazione della propensione di spesa, la maggiore difficoltà ad accumulare risparmi – conferma Simone Capecchi, Direttore Sales&Marketing di Crif –sono le principali cause del continuo crollo delle richieste, anche se a questo aspetto razionale vanno aggiunti anche fattori percettivi quali il peggioramento delle aspettative, a prescindere dalla effettiva capacità di far fronte agli impegni assunti».
Si chiedono insomma meno mutui, insomma, perché in una fase di incertezza si preferisce rinviare l’acquisto, confidando in un rasserenamento della situazione economica, in un miglioramento delle condizioni poste dalle banche in termini di spread e di effettivo accesso, magari anche in una riduzione dei prezzi delle abitazioni. Diminuisce anche l’importo medio richiesto (129.759 euro a settembre contro i 135.855 euro di 12 mesi prima), a ulteriore conferma della prudenza adottata dalle famiglie italiane negli ultimi tempi.
Le tensioni sul mercato dei finanziamenti casa sono del resto sempre molto elevate perché, a fronte di valori Euribor e Irs ai minimi storici, le banche praticano ancora sui nuovi prodotti spread particolarmente elevati e mediamente superiori al 3% come si deduce anche dai dati contenuti nel bollettino mensile Abi pubblicato tre giorni fa: per i mutui alle famiglie la differenza fra i tassi effettivi e il costo del denaro della Bce era a settembre del 3,08% contro l’1,94% di un anno prima.
I problemi sulla raccolta bancaria si sono affievoliti da un paio di mesi a queste parti, ma sul fronte dei nuovi prodotti (e dei loro prezzi) non si vedono segnali di inversione di tendenza. «Le banche aspettano di vedere se il calo di tensione sui mercati e sulla raccolta sia temporaneo, come è successo a marzo, o duraturo», conferma Stefano Rossini, a.d. del brokerMutuisupermarket.it. Che poi aggiunge: «Credo che per avere i primi tagli consistenti agli spread – aggiunge Rossini– dovremo vedere un differenziale BTp-Bund sotto la soglia psicologica del 300 punti base accompagnato da una minore volatilità, ma anche allora le riduzioni non saranno così repentine quanto lo sono stati i rincari».