Il risparmio in famiglia è una scelta concreta e fattibile. Ridurre le spese familiari non è un’impresa impossibile; basta un po’ di attenzione nella vita quotidiana ed effettuare alcune scelte precise e immediate. Tra le voci più consistenti del bilancio familiare troviamo le spese legate al mutuo.
In Italia la corsa è ancora verso il mutuo a tasso fisso e per quanto in forte calo, la surroga resta il principale contratto siglato con la banca. Lo scorso anno, gli italiani sono corsi ai ripari contro il rischio di rialzo dei tassi, mostrando una netta propensione per i mutui a tasso fisso.
Si consideri che fino alla primavera del 2016, i due terzi dei mutui erogati erano ancora a tasso variabile. Nel corso di quell'anno, la fuga verso il tasso fisso è stata veloce e forte, anche se a ben vedere non sempre azzeccata, se si considera che l’Euribor, a cui sono agganciati i mutui a tasso variabile, sono rimasti praticamente fermi ai minimi di sempre lungo tutto il 2017.
Ora, vale la pena chiedersi se la preferenza del mutuo a tasso fisso sia ancora ragionevole per gli italiani che hanno un senso della proprietà dell’immobile sempre molto. Una risposta valida per tutti i casi non esiste.
Dipende, innanzitutto, dalla durata del mutuo che si accende. Se è lunga (20-30 anni), optare per il tasso fisso risulta una soluzione saggia, perché è verosimile che i tassi aumentino da qui a qualche anno e che saranno più alti nel periodo più sensibile del piano di ammortamento, ovvero la prima parte, quando il debito residuo è elevato e gli interessi gravano su un capitale ancora alto da restituire alla banca.
Se, invece, si pensa di accendere un mutuo di durata non lunga, diciamo fino ai 10 anni, l’opzione tasso variabile non dovrebbe essere esclusa. Vediamo il motivo.
I tassi saliranno probabilmente a partire dall'anno prossimo, ma resteranno bassi per qualche anno ancora.
Considerando che nel frattempo, il mutuatario starà pagando le rate percentualmente più rilevanti per la restituzione del capitale, quando i tassi dovessero salire a livelli medio-alti, per allora è probabile che abbia liquidato il grosso del debito e che le variazioni della rata siano non così consistenti.
Se, poi, i tassi rimarranno eccezionalmente bassi a lungo, l’affare è fatto. Ma nessuno ha la sfera di cristallo e viviamo in tempi straordinari. E’ più che comprensibile che chi ha potuto si sia messo al riparo già da due anni, pagando interessi maggiori rispetto a quelli che avrebbe sostenuto con il tasso variabile.
Nel 2017 le richieste dei mutui da parte delle famiglie sono scese nel complesso del 10,7%, principalmente a causa della riduzione delle surroghe, ma la componente relativa alle nuove erogazioni ha mostrato ancora un trend significativo che si può ben sperare che prosegua anche nel 2018.
Se analizziamo la strategia delle banche, l’erogazione di mutui immobiliari, soprattutto per l’acquisto della prima casa, rappresenta una fetta importante del volume dei loro impieghi. Anche in presenza di tassi ai minimi, le banche considerano il mutuo come il prodotto finanziario più adatto a fidelizzare il cliente.
Una tendenza che emerge in modo chiaro esaminando le attuali offerte a tasso fisso, che rappresentano oltre il 70% dei mutui erogati/surrogati nel 2017. Gli spread applicati su questi prodotti sono scesi sotto lo 0,2%, mentre quelli sul tasso variabile si attestano sullo 0,95%. Allo spread occorre aggiungere l’indice Eurirs pari alla durata del mutuo nel caso del tasso fisso.
Fatte le giuste considerazioni, il variabile, in termini di tasso finale, torna ad essere più competitivo rispetto al fisso.