Mutui Tasso fisso, torna a salire l'indice Irs a 20 e 30 anni

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Mutui Tasso fisso, torna a salire l'indice Irs a 20 e 30 anni
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Il Sole 24 Ore

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Il rialzo dei tassi sui mercati obbligazionari è il tema forte di questo primo scorcio del 2021 sui mercati finanziari. I segnali più evidenti si sono avuti oltreoceano con il rendimento del TNote decennale Usa balzato oltre l’1,6% mentre in Europa i segnali di risveglio sono più flebili con il Bund che resta ancora in territorio negativo. Un segnale, alimentato dalle rinnovate aspettative di inflazione, che inizia ad avere concrete ripercussioni anche nelle tasche degli italiani, a partire da mutui e prestiti.

Lo scatto dell’Irs

Mentre l’Euribor a tre mesi - tradizionale benchmark per i mutui variabili - è rimasto stabile, i segnali di risveglio dei tassi si sono materializzati sull’Eurirs, punto di riferimento per i tassi fissi, su tutte le varie scadenze. Da inizio anno ad oggi si calcola un rialzo di 41 punti base dell’indice a 20 anni, che arriva a 48 punti base sulla scadenza a 30 anni, durata massima oltre la quale le banche in genere non erogano un mutuo. Uno scatto, a detta degli esperti, che torna ad aprire la competizione tra tasso fisso e variabile. Negli ultimi anni oltre il 90% dei mutui è stato erogato con la formula del tasso fisso. Adesso, se non altro, i minimi che sono stati toccati durante la crisi della pandemia, con l’Eurirs a -0,1% nel marzo di un anno fa, potrebbero restare un ricordo.

Le attese

«L’Euribor a tre mesi - spiega Stefano Rossini, fondatore e amministratore di Mutuisupermarket.it - è blindato dallo scorso ottobre sotto il -0,5% e quindi sembra che non sia cambiato nulla. In realtà sono mutate le aspettative. Se prendiamo il future sull’Euribor scambiato a Londra vediamo che le aspettative a 5 anni sul tasso sono passate da -0,32% di gennaio allo zero di marzo. Questo inevitabilmente ha delle ripercussioni sui tassi a medio lungo. L’Irs a 20 anni ad esempio a gennaio è sceso anche in territorio negativo con una media mensile dello 0,07% mentre oggi si attesta allo 0,41 per cento». Il quadro ci dice sul mercato che le prospettive dei tassi sono destinate ad aumentare nonostante la Bce mantenga una politica monetaria molto accomodante e i tassi di riferimento resteranno a zero ancora per molto tempo. Nonostante queste dinamiche il fisso resta ancora un’ottima scelta, soprattutto per le durate più lunghe. Tuttavia, a livello di trend, si sta ampliando la forchetta tra fisso e variabile. Stando ai tassi medi applicati dalle banche rilevati da MutuiOnline.it se fino ad un anno fa il fisso e il variabile erano in partenza sostanzialmente appaiati oggi lo spread tra le due classi ha superato i 30 punti base (1,05% fisso, 0,72% variabile). E non è da escludere che nei prossimi mesi questo gap possa ampliarsi ancora. «Molte delle attuali offerte delle banche sul fisso sono a tasso finito, ciò vuol dire che il cliente in questo caso non conosce il dettaglio delle due gambe da cui è composto, ovvero lo spread deciso dalla banca e l’Eurirs di mercato - spiega Andrea Pennato, direttore commerciale di MutuiOnline.it -. Di solito queste offerte vengono aggiornate trimestralmente ed è molto probabile che in occasione della prossima revisione saliranno perché a quel punto andranno ad incamerare il recente rialzo degli Eurirs. Quindi l’attuale forchetta fisso-variabile è destinata ad aumentare e questo potrebbe spingere alcuni nuovi aspiranti mutuatari a prendere nuovamente in considerazione il variabile, negli ultimi mesi letteralmente crollato in un mercato dominato per oltre il  % delle erogazioni, tanto sulla prima casa che sulle surroghe, dal tasso fisso».

Le mosse della Bce

La forchetta potrebbe aumentare anche perché, va ricordato, che Euribor ed Eurirs - i due parametri che influenzano rispettivamente il calcolo del tasso variabile e del fisso - non si muovono in modo armonico. L’Euribor è agganciato all’andamento del tasso sui depositi (oggi a -0,5%) che può essere modificato solo dalla Banca centrale europea. Mentre gli indici Eurirs si muovono liberamente sul mercato in base alle aspettative future di un rialzo dell’inflazione. Ed è questo il motivo per cui recentemente mentre gli Euribor sono rimasti imballati (la Bce anziché aprire a un futuro rialzo dei tassi ha addirittura potenziato gli acquisti di titoli di Stato e quindi il piano espansivo), gli Eurirs (mossi dalle attese di un’inflazione un po’ più alta) si sono spinti un po’ più su. Per convincere la Bce ad alzare i tassi le aspettative di inflazione dovrebbero avvicinarsi quantomeno alla soglia del 2% e al momento, nonostante gli stimoli fiscali del Recovery fund, le prospettive a medio-lungo termine del costo della vita nell’Eurozona (tassi forward a 5-10 anni) sono ancora lontane (1,44%).

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