Gli spread sui tassi variabili dei mutui sono ancora maggiori rispetto a quelli del fisso
Mutui, il tasso variabile torna a essere competitivo?
Con l’Euribor che scende sotto l’Irs, si torna verso una normalità di mercato. Ma per via degli spread applicati dalle banche, il tasso fisso resta ancora più conveniente del variabile. A quando il passaggio di testimone?
Nella primavera 2025 si assiste nel mondo dei mutui a un ritorno alla «normalità» del passato: dopo oltre due anni di anomalia, la curva dei tassi di riferimento si è finalmente invertita.
Già a marzo, l’Euribor a tre mesi – principale indicatore per i mutui a tasso variabile – è tornato sotto i livelli dell’Eurirs a 20 anni, l’indice di riferimento per i mutui a tasso fisso (al 2,3% contro il 2,6–2,7%). E nella prima settimana di aprile il gap si è consolidato.
Questo segnale di normalizzazione era atteso da mesi e potrebbe riaprire le porte alla popolarità del tasso variabile. È tornata dunque l’ora del variabile? Non ancora. Chi oggi si reca in banca per sottoscrivere un mutuo non vede ancora un reale cambiamento sulla rata.
Perché il tasso variabile è ancora svantaggiato
«Gli indici stanno effettivamente scendendo», conferma Guido Bertolino, esperto di MutuiSupermarket.it. «L’Euribor a tre mesi è sceso al 2,27% e continua a calare. Questo riflette le aspettative del mercato per un imminente taglio dei tassi da parte della Banca Centrale Europea nel meeting del 17 aprile».
Tuttavia, la traslazione di questa dinamica nei tassi applicati ai clienti è lenta, disomogenea e, per ora, ancora penalizzante per chi guarda al variabile.
«Oggi i mutui a tasso variabile risultano in molti casi più costosi rispetto ai fissi», sottolinea Bertolino. «E questo nonostante il parametro a cui sono indicizzati sia ormai inferiore».
Spread e tempi bancari: cosa frena il variabile
Le ragioni?
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Molte banche utilizzano ancora gli Euribor medi riferiti al mese precedente (marzo), quando erano più alti.
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Gli spread applicati sul variabile sono tuttora più elevati: tra lo 0,80% e l’1%, mentre sul fisso ci sono offerte molto aggressive, anche con spread dello 0,10%.
Secondo MutuiSupermarket.it, un mutuo a tasso fisso costa in media lo 0,3% in meno rispetto al variabile per l’acquisto di una casa in classe energetica bassa (es. classe G). La forbice si allarga allo 0,8% per i mutui green.
Quando potrebbe tornare competitivo il variabile
Per ora, dunque, il variabile è poco competitivo. Ma la situazione potrebbe essere transitoria.
Già da maggio si attende un aggiornamento degli indici medi usati nei calcoli delle banche. «Se le condizioni attuali persistono, potremmo iniziare a vedere mutui a tasso variabile con tassi finiti intorno al 2,70%», stima Bertolino.
Si tratterebbe di livelli molto simili a quelli dei fissi, con differenze minime. Il vero punto di svolta, però, potrebbe arrivare tra giugno e luglio, dopo i tagli del costo del denaro attesi dalla BCE.
«Con il taglio dei tassi l’Euribor dovrebbe scendere ulteriormente, rendendo il variabile più interessante anche a parità di spread», prevede Bertolino. «A quel punto, anche se le banche non dovessero abbassare drasticamente gli spread, il vantaggio del variabile diventerebbe reale e non solo potenziale».
Un’opzione per chi guarda alla rata iniziale
In questo contesto, il mutuo a tasso variabile potrebbe tornare a essere una scelta razionale per chi cerca una rata iniziale più contenuta, soprattutto nel breve-medio periodo.
«Molti acquirenti sono molto sensibili alla rata iniziale: i primi anni sono spesso i più difficili, specie per chi compra la prima casa e ha molte altre spese da sostenere», spiega Bertolino. «Un variabile ben calibrato può dare respiro nei primi anni. E poi, con il calo dei tassi, si può sempre valutare una surroga o una rinegoziazione verso un fisso più basso».
L’incognita geopolitica: la guerra dei dazi
Un elemento che potrebbe interferire con questo quadro è l’evoluzione del contesto macroeconomico, in particolare la guerra dei dazi promossa dagli Stati Uniti.
Le tariffe annunciate (e poi sospese) dal presidente Trump hanno già influenzato le aspettative di mercato. Più che all’inflazione – che colpirebbe più gli USA che l’Europa – il timore è che il protezionismo possa strozzare la crescita economica e avere un effetto recessivo.
«L’impatto inflattivo dei dazi per l’Europa è limitato. Se le misure colpiranno più la crescita che i prezzi, ci sarà meno pressione per alzare i tassi, mantenendo un contesto favorevole a politiche monetarie espansive».
Dopo il taglio atteso ad aprile da parte della BCE, il mercato ne prevede almeno altri due entro l’anno.
Conclusione: giugno e luglio mesi chiave
Il mercato dei mutui è vicino a una probabile trasformazione. Da un lato, i fondamentali tornano a indicare un vantaggio per il variabile. Dall’altro, le offerte delle banche ancora non riflettono questa inversione. Spread elevati, aggiornamenti lenti e promozioni concentrate sul fisso mantengono il variabile in posizione di svantaggio.
Ma con l’estate potrebbe cambiare tutto. «Giugno e luglio saranno mesi cruciali», conclude Bertolino. «Se la BCE taglierà i tassi e l’Euribor continuerà a scendere, vedremo un variabile finalmente competitivo – non solo nei grafici, ma anche nei contratti».
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