In queste prime giornate di aprile il mercato obbligazionario sta provando a raccogliere i cocci della fuga degli investitori registrata a marzo. Una delle peggiori della storia per i bond che ha contagiato altri settori della finanza, tra cui il mercato dei mutui. Nell'ultimo mese, infatti, gli indici Eurirs (utilizzati per determinare il tasso finale dei mutui a rata fissa) hanno reso il largo con la scadenza a 20 anni passata dallo 0,85% all'1,27%. Oltre 40 punti base in più in una manciata di settimane che diventano 67 se il conteggio parte dallo 0,6% di inizio anno. Anche gli Euribor (gli indici interbancari utilizzati per calcolare,
mese dopo mese, le rate dei mutui variabili) si sono mossi, passando da -0,56% a -0,46%. Un mini-scatto di 10 punti base che potrà già impattare sulle prossime rate (seppur in modo lieve) di chi sta rimborsando un mutuo a rata indicizzata.
Dopo anni di calma piatta e di record su record al ribasso per i tassi il mercato dei mutui si trova a fronteggiare quindi una fase di inversione. I minimi sono stati toccati. A questo punto il dubbio non è “se” i tassi saliranno da quei minimi, ma “quanto” e “quando”. È bene distinguere tra nuovi aspiranti mutuatari (categoria in cui rientra sia chi non ha ancora un mutuo ma anche chi ne sta pagando uno ma è interessato ad un'operazione di surroga) e vecchi mutuatari a tasso variabile
(i quali dovranno valutare se ripararsi su un fisso più caro oppure adottare una strategia attendista).
Partendo dalle nuove offerte, è in corso un riadeguamento del mercato al movimento degli indici Eurirs. «A marzo le banche hanno in parte ricaricato l’aumento degli Eurirs di febbraio sui propri prodotti, e ulteriori aumenti sono previsti nella prima metà di aprile – spiega Stefano Rossini, ad di Mutuisupermarket.it -. Per esempio, Intesa Sanpaolo ha aumentato i tassi fissi di circa 40 punti base, Bnl fra i 20 e 40 punti base, Bper di circa 20 punti base». Se quindi fino a un mese fa era ancora possibile stipulare un fisso a tasso finito (ottenuto sommando lo spread stabilito dalla banca agli Eurirs di mercato) inferiore all'1% (su un mutuo standard di 160mila euro per un immobile di 200mila, quindi chiedendo in prestito l'80% del valore della casa) ora nella migliore delle ipotesi si riesce a spuntare l'1,37%. Chi vuole risparmiare può optare per la soluzione a tasso variabile che per un finanziamento delle stesse caratteristiche si attesta allo 0,59%, quasi 80 punti base in meno del fisso. A differenza degli ultimi anni di quiete sul fronte degli Euribor lo scenario sta però cambiando anche sul fronte dei variabili. I future sugli Euribor a 3 mesi scontano il ritorno dell'indice su valori positivi già per fine di quest'anno. Spostandoci più in là nel tempo e con la sfera di cristallo gli stessi future proiettano il “moltiplicatore delle rate variabili” all'1,3% nel 2024. Per poi assestarsi su tali livelli fino al 2028. «È vero che negli ultimi anni i future hanno sempre previsto rialzi degli Euribor che poi non si sono verificati, ma questa volta le condizioni per assistere a un aumento sembrano essere solide e trovano conferma
nelle dichiarazioni del governatore della Bce Christine Lagarde che il 10 marzo difatti ha detto che la politica monetaria
dovrà preoccuparsi dell'elevata inflazione rimandando alle politiche fiscali le azioni a sostegno dell'economia - prosegue Rossini -. Non a caso è proprio da allora che è partito un nuovo impulso rialzista sui tassi interbancari agganciati ai mutui». Mentre gli Eurirs seguono più da vicino l'inflazione gli Euribor riflettono le reali prospettive di un rialzo dei tassi della Bce. Quindi la palla è in mano all'istituto di Francoforte che a sua volta deciderà in base all'evoluzione sui dati di inflazione di medio periodo. Ad inizio anno i mercati stimavano un'inflazione a 5-10 anni per l'Eurozona dell'1,86%. Ora le aspettative sono passate al 2,26%. Non si tratta di livelli d'allarme ma di uno scenario che allo stato attuale (quando l'inflazione a marzo è passata al 7,5%) sembra ottimistico. «In queste condizioni chi ha un mutuo variabile di lunga durata potrebbe valutare
l'opzione di una surroga a fisso, per mettere in sicurezza 15-20 anni di ammortamento residui - conclude Rossini-. È vero che andrebbe a pagare sin da subito una rata fissa più alta ma a tendere la spesa interessi complessiva potrebbe essere meno onerosa, qualora la Bce fosse costretta ad alzare i tassi più volte per dover arginare l'inflazione». Una scelta non facile, anche perché i mutui di surroga costano di più. Se per un mutuo d'acquisto si paga l'1,37%, per la surroga ormai si va al 2%. Quindi chi passa oggi da variabile a fisso in media imbarca nella sua “assicurazione” già sei rialzi dei tassi della Bce da 25 punti
base (passando dallo 0,5% al 2%). È il prezzo da pagare per chi non vuole rischiare di vedersi balzare la rata oltremodo
nel caso la Bce dovesse alzare i tassi molto più di sei volte.