Nel 2023 le erogazioni di mutui in Italia sono crollate del 25%. Un po' perché molti cittadini hanno preferito aspettare tempi e tassi migliori. Ma anche perché l'offerta non è stata così distribuita e parimenti generosa. I dati evidenziano una spaccatura tra le grandi banche che hanno ridotto di molto il ritmo dei finanziamenti e quelle di medio-piccola dimensione che invece in alcuni casi hanno chiuso l'anno con una crescita dei mutui erogati. In controtendenza.
Più nel dettaglio, Intesa Sanpaolo, che domina la quota di mercato, è passata da 15,1 miliardi di erogato nel 2022 a 8,7 miliardi (-47%) facendo scendere la sua quota dal 27% al 21% del totale. UniCredit ha ridotto le erogazioni da 4 a 1,6 miliardi segnando un calo del 60%. Anche gruppo Bnl e gruppo Banco Bpm hanno frenato i finanziamenti ipotecari di circa un terzo rispetto al 2022. In controtendenza invece Credit Agricole (+10%) con un erogato cresciuto a 4 miliardi, Credem (+20%) e Ing (+59%).
I calcoli effettuati da MutuiSupermarket.it sulla base di dati rilasciati dagli istituti di credito, interviste e analisi interne evidenziano quindi che a fronte del -25% complessivo si nasconde una spaccatura nelle scelte dei singoli istituti. Qualcuno ha preferito tirare un po' i remi in barca, altri invece hanno deciso di pigiare sull'acceleratore conquistando market share. Va detto che il 2023 è stato un anno complicato, caratterizzato anche dalla continua crescita dei costi dei mutui a tasso variabile. La Bce ha alzato i tassi in tutti i meeting fino a quello di settembre scorso in cui ha portato il costo del denaro nel range compreso tra il 4% (tassi sui depositi) e il 4,5% (tasso di rifinanziamento principale). Il costo di un variabile quindi in media si è spinto anche oltre il 5%, come non accadeva da 20 anni. Allo stesso tempo i mutui a tasso fisso hanno risentito di indici Irs ancora elevati, a fronte di un'inflazione ancora lontana dal target del 2% della banca centrale.
Nel 2024, in attesa dei primi dati ufficiali, qualcosa è cambiato. Anche in base alla qualità dell'immobile. Le offerte più competitive - tanto sul fronte dei mutui per l'acquisto quanto sulle operazione di surroga che consentono senza costi aggiuntivi di spostare il vecchio contratto presso una nuova banca che offre condizioni migliori in termini di tasso e/o durata- sono agganciate alla classe energetica dell'immobile. Gli spread più bassi sono offerti per le classi A e B. E in alcuni casi anche per la categoria C. In generale troviamo offerte sul variabile al di sotto del 5% e quelle più competitive sul fisso anche inferiori al 3%.
«Dopo un 2023 caratterizzato da un rapido e forte aumento dei tassi di interesse (con indici Euribor cresciuti di quasi un 2% nei 12 mesi, ndr) e una conseguente contrazione delle erogazioni di mutui per privati e famiglie dell'ordine del 25%, il 2024 è iniziato con una domanda che ha mostrato i primi segnali di ripresa, frutto di nuove offerte di mutui a tasso fisso che hanno beneficiato di una sensibile contrazione degli indici Irs avvenuta nell'ultimo trimestre 2023 - spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupernarket.it -. Gli indici Irs hanno quindi già incorporato ad inizio anno aspettative di diminuzione dei tassi di interesse sul lungo periodo. Tanto che oggi questi indici si trovano loo-150 punti base più in basso rispetto al costo del denaro della Bce. Le nuove offerte di mutuo a tasso fisso - che ad oggi spiegano la quasi totalità delle preferenze di privati e famiglie- presentano al momento tassi fissi finiti compresi fra il 2 e il 3% e stanno trainando la fase attuale di iniziale ripresa della domanda di mutui, ripresa che sia mutui con finalità acquisto che con finalità surroga - prosegue Rossini -. I potenziali tagli attesi al tasso Bce, previsti entro la prossima estate, dovrebbero progressivamente accelerare la ripresa della domanda nel corso dei prossimi trimestri, generando quindi volumi di erogazioni di mutui in crescita sull'intero anno 2024».
Il mercato dei future sta scontando in questo momento due tagli dei tassi da 25 punti base nel corso del 2024. Ad inizio anno ne scontava sei. Questa "confusione" del mercato nel prezzare un futuro molto incerto sul fronte inflazione spiega perché oggi il variabile costa in partenza molto di più rispetto al fisso. Un'anomalia che deriva dal fatto che gli indici Euribor (a cui sono agganciati i variabili) vivono da vicino le decisioni della Bce. Mentre gli Irs (agganciati al fisso) possono permettersi di scontare uno scenario molto più lontano nel tempo. Gli Euribor non sono ancora certi della vittoria (a breve) contro l'inflazione. Mentre per gli Irs la partita sarà vinta