di Tobia De Stefano
Più le temperature sono rigide, più si abbassa la rata del mutuo. Quella che potrebbe sembrare una mossa di marketing per sponsorizzare i prestiti immobiliari al Polo Nord è invece una rivoluzionaria strategia di Intesa San Paolo, la banca che eroga circa il 20% dei finanziamenti per la casa in Italia. Stiamo semplificando, perché ovviamente i criteri sono anche altri, ma stringi stringi, a partire dal 2025 l’elemento climatico diventa centrale per stabilire se un mutuo può considerarsi green o meno e quindi se verrà scontato (un mutuo green costa in media lo 0,30% in meno rispetto a un prodotto tradizionale, ma nel caso di Intesa Sanpaolo si arriva allo 0,50%). Parliamo di prodotti che negli ultimi anni hanno caratterizzato il mercato e che sono stati pensati per finanziare progetti d’acquisto di immobili a ridotto impatto ambientale, oppure di case già esistenti da ristrutturare, per migliorarne l’efficienza energetica.
«Da dicembre», evidenzia Guido Bertolino, responsabile business development di MutuiSupermarket, «Intesa Sanpaolo ha introdotto un’importante novità che potrebbe rivoluzionare la valutazione dei mutui green. Mentre in precedenza per tutti gli istituti il discrimine tra un immobile “verde” e non era definito in funzione della classe energetica (Unicredit, per esempio, considera green solo gli immobili di classe energetica A, il grosso delle banche fa riferimento ad abitazioni di classe energetica B, mentre per era l’unica a considerare ecologici anche le case di classe C), adesso i criteri si allargano e diventano decisamente più elastici. Si punta a premiare gli immobili più efficienti presenti in un dato territorio omogeneo per classi climatiche».
Il sistema elaborato da Intesa prende in considerazione tre aspetti fondamentali:
- Il Ped che è l’indice di prestazione energetica, che esprime il consumo totale di energia primaria per la climatizzazione riferito all'unità di superficie utile, l’anno di costruzione dell’immobile (prima o dopo il 2020), l’area geografica (esistono 6 fasce) in cui si trova la casa, e quindi la fascia climatica di riferimento.
Siamo di fronte a un notevole allargamento del bacino di immobili idonei a essere considerati green, di conseguenza si aprono opportunità impreviste per tantissimi mutuatari in tutta Italia: di fatto, gli immobili di classe C diventano green nella maggior parte dei casi, e per la prima volta c’è spazio anche per quelli di classe D ed E. Questo è particolarmente significativo all’interno di un panorama immobiliare come quello italiano, caratterizzato da un gran numero di immobili di vecchia costruzione ed esclusi dalle classi energetiche più alte. Una casa di classe D (o anche E) di una città del Centro-Nord costruita ben prima del 2020 diventa all’improvviso candidata potenziale per un mutuo green.
«Con questo approccio», continua l’esperto MutuiSupermarket, «Intesa ha ampliato la platea degli immobili che possono beneficiare dell’offerta green, di fatto per un immobile situato in pianura padana o nella fascia alpina o appenninica, si può considerare green anche un’abitazione di classe energetica D e non solo A e B come nel vecchio modello».
Più freddo fa e più il mutuo è scontato. Chiamiamolo pure modello Intesa, ma come detto, l’istituto guidato da Carlo Messina eroga oggi circa il 20% dei prestiti immobiliari in Italia e quindi è probabile che possa fare da apripista. «Mi risulta che le altre banche», conclude l’esperto, «stiano studiando questo modello e siano in fase di analisi per capire se adottarlo o meno. Chiaramente l’eventuale adozione non è necessariamente immediata, perché potrebbe richiedere degli sviluppi importanti rispetto ai singoli sistemi informativi».
Qualche esempio può aiutare a capire. Oggi, per un immobile situato a Milano che vale 220.000 euro e un mutuo ventennale che ne copre 140.000, i migliori prestiti green a tasso fisso fanno segnare un Taeg del 2,47% (Credit Agricole) e del 2,49% (Webank), mentre per le case non green siamo intorno al 2,70%. Per il variabile, il differenziale resta più o meno sullo 0,20%, 3,41% per i migliori green e 3,62% e poi 3,80% per i migliori finanziamenti non verdi.
C’è comunque la prospettiva che ci possano essere altri ribassi dei costi in vista delle decisioni della BCE per il 2025 (sono previsti almeno tre tagli). «Nel terzo trimestre 2024», evidenzia ancora Bertolino, «i dati Banca d’Italia sui nuovi flussi di mutui erogati evidenziano una crescita del 12,9% rispetto al corrispondente trimestre dell’anno precedente. Questa crescita è la diretta conseguenza della ripresa delle richieste di nuovi mutui di surroga, infatti nei primi 9 mesi dell’anno i mutui acquisto segnano una contrazione del 2%. La surroga, però, è ancora nettamente sbilanciata verso il tasso fisso: nessuno infatti punta sul variabile».
E i motivi sono chiari. Da una parte c’è l’Euribor (il tasso di riferimento per i prestiti variabili) che è superiore all’Irs, che determina il costo dei mutui a tasso fisso. E poi gli spread (il guadagno delle banche) applicati sui mutui a tasso variabile sono parecchio più alti di quelli applicati sui tassi fissi.
Insomma, per quale motivo dovrei cambiare il mio mutuo puntando su un tasso più caro? Ma non sarà così per sempre. «Sono convinto», conclude l’esperto, «che, nei prossimi mesi, con il ritorno alla normalità, ovvero Irs superiori all’Euribor, le banche andranno a “manutenere” la propria offerta a tasso variabile tagliando gli spread per renderla competitiva con i tassi fissi».