Mutui, con la stretta di Francoforte in un anno rata più cara del 60%

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Mutui, con la stretta di Francoforte in un anno rata più cara del 60%
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Il Sole 24 Ore

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La Bce non si ferma e alza ancora. Il costo del denaro è salito nella forchetta compresa tra il 4% (tasso di rifinanziamento principale, quello che le banche pagano per chiedere liquidità alla Bce) al 3,5% (tasso sui depositi, quello che le banche ricevono dalla Bce quando vi parcheggiano la liquidità).

E per i mutuatari (ai quali interessa più il secondo tasso, dato che è ad esso che è agganciato l'indice Euribor che movimenta le rate del tasso variabile) lo scenario cambia ancora una volta. Questo ciclo di rialzi è ini-ziato lo scorso luglio. In 11 mesi la Bce ha aumentato il costo del denaro di 400 punti base, una velocità mai vista nei 22 di storia dell'Eurozona. Ossa rotte per chi sta rimborsando un mutuo a tasso variabile. Se a gennaio 2022 la rata di un mutuo standard (140mila euro, scadenza 25 anni a fronte di un immobile di 200mila euro) costava poco meno di 500 euro, ora siamo a 750. E si dovrebbero arrivare a sfiorare gli 800 verso novembre, con un aumento di oltre il 60%.

Un salasso frutto del tentativo dell'istituto di Francoforte di riportare l'inflazione nell'alveo ritenuto efficiente del 2%.

E per quanto sia inne-gabile un processo di disinflazione in atto, siamo ancora lontani. L'inflazione “core”, quella depurata per i costi beni energetici e alimentari, è al 5,3%. Ancora troppo lontana. I manuali di economia e politica monetaria inse-gnano che se una banca centrale vuo-le battere l'inflazione deve posiziona-re i tassi sopra l'inflazione “core”.

Ed è per questo che la Bce, nonostante Eurozona e Germania siano ufficialmente in recessione tecnica (con due trimestri consecutivi di contrazione del Pil) ha usato anche ieri il pugno duro e con ogni probabilità alzerà an-cora i tassi nel meeting di luglio di altri 25 punti base.

I mutuatari a tasso va-riabile attendono con trepidazione il momento in cui la Bce inizi a parlare di “pausa”, primo passo indispensabile verso il percorso inverso, ovvero il taglio dei tassi. Ma al momento è un discorso prematuro, anche conside-rando quanto visto sull'altra sponda ' I futures sugli indici Euribor a 3 mesi vedono un picco dei tassi Bce entro fine anno e poi l’avvio di una discesa dell'Atlantico dove la Fed statuniten-se in settimana ha effettivamente, dopo 15 mesi di rialzi, interrotto il per-corso lasciandosi però aperta la stra-da ad altri due rialzi da qui a fine anno.

E allora, in attesa dei prossimi dati macro e delle nuove azioni delle ban-che centrali, ci si può perlomeno affidare a quello che sconta il mercato, per quanto esso stesso commetta spesso degli errori di valutazione. In questo senso i futures sugli indici Eu-ribor a 3 mesi vedono un picco dei tassi Bce entro fine anno (con l'Euribor a 3 mesi che dovrebbe superare il 3,8% a novembre) e poi, a partire da genna-io 2024, l'avvio di una lenta ma costante discesa. Stando ai mercati, quindi, i mutuatari a tasso variabile potrebbero iniziare a vedere la luce in fondo al tunnel a fine anno. Posto che l'inflazione non desti altre cattive sorprese.

«In base a queste dinamiche di andamento degli Euribor, un mutuatario che aveva acceso un mutuo a tasso variabile a gennaio 2022 pagando una rata iniziale di poco sotto i 500 euro, oggi a giugno sta pagando una rata di importo pari a circa 750 euro – in aumento del 50% - e a fine anno pa-gherà una rata massima di importo attorno ai 790 euro, rata che in seguito inizierà gradualmente a scendere nei seguenti 24 mesi per stabilizzarsi in-fine attorno ai 720 euro - spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it -.

L'aspettativa di Euribor in diminuzione a partire da inizio 2024, e più in generale una stabilizzazione tassi, è un segnale importante di mer-cato che dovrebbe consentire una ri-presa della domanda di mutuo a valle del rallentamento registrato sugli ul-timi trimestri».

Dal punto di vista delle offerte di mercato continuiamo a vedere l'anomalia di tassi variabili (4,2% nel mi-gliore dei casi) più cari in partenza dei fissi (3,5% stando alle ultime migliori offerte) tipica delle fasi di lotta all’inflazione.

I fissi costano meno ma allo stesso tempo restano elevati rispetto alla media degli ultimi anni (e questo spiega anche il rallentamento della domanda dato che molti aspiranti mutuatari sono alla finestra in attesa di un calo dei tassi generalizzato) complici indici Eurirs in area 3% sulle principali scadenze (meno sensibili alla politica monetaria e più alle pro-spettive economiche) ballerini, che fanno fatica a scontare un chiaro scenario macro.

Paradossalmente, nel caso si profilasse una dura recessione (hard landing) scenderebbero più velocemente rispetto a quello di un atterraggio morbido o, peggio ancora, della più temuta stagflazione. 

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