Se il conto deposito batte l’affitto

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Nella sfida dei rendimenti a breve periodo il mattone ha vita dura nel confronto con i conti di deposito. Non solo per via dell’Imu, la "nuova Ici" che da quest’anno torna a colpire le prime case e si gonfia per le seconde abitazioni con un’aliquota base dello 0,76% (che i Comuni potranno ampliare fino all’1,06%) ma per un rendimento in media inferiore a fronte di imposizioni fiscali simili. Nella partita doppia dei costi/benefici per chi ha un immobile da mettere a reddito va inclusa anche la cedolare secca (21% dell’affitto, 19% in caso di canoni concordati). Ma procediamo con ordine per cercare di capire quale può essere la strategia finanziaria ideale per chi oggi detiene uno o più immobili da mettere a reddito (affittare).

Secondo Nomisma il rendimento medio lordo annuo di un immobile residenziale in affitto in Italia si è attestato nella seconda metà del 2012 al 4,36% lordo. Questo equivale a un rendimento annuale netto– in caso di applicazione della cedolare secca con aliquota al 21% –del 3,4 per cento. Se poi guardiamo quanto può fruttare la liquidità vincolata sino a 24 mesi su un conto deposito, oggi si possono trovare offerte di rendimento annuale lordo che arrivano al 5%, che al netto della ritenuta fiscale del 20% applicata sui depositi bancari, equivale ad un rendimento annuale netto del 4 per cento. «Quindi – spiega Stefano Rossini, amministratore delegato di MutuiSupermarket.it – il proprietario di un immobile potrebbe ragionevolmente pensare di vendere la propria casa nei prossimi sei-otto mesi, rinunciando a un rendimento netto da locazione del 3,4% per poi investire la liquidità con un rendimento netto da conto deposito del 4 per cento. Questa prospettiva potrebbe essere interessante per molti proprietari di immobili, soprattutto perché sono diversi gli addetti ai lavoriche parlano di una potenziale riduzione significativa dei prezzi medi del patrimonio residenziale nei prossimi 6-18 mesi».

Proviamo a fare qualche calcolo. Prendiamo un immobile da 200mila euro da cui il proprietario ricavi un canone da locazione (al netto della cedolare secca) di 6.880 euro. A questa cifra bisogna poi sottrarre il valore dell’Imu (poniamo pari allo 0,76%, ma va considerato che molti comuni stanno decidendo di portare l’aliquota all’1,06%) che si calcola però sul valore della rendita catastale. Semplifichiamo in questo esempio che ammonti a mille euro. Quindi, il reddito netto dell’investimento per il proprietario di un immobile ammonterebbe a 5.880 euro.

Un pari investimento di 200mila euro in uno dei conti deposito oggi più aggressivi (che arrivano appunto al 4% al netto della ritenuta fiscale del 20%) frutterebbe invece 8mila euro. Bisogna però sottrarre anche l’imposta di bollo che da quest’anno è molto più salata sui conti di deposito, equiparati agli altri prodotti finanziari. Se nel 2011 era di 1,81 euro, nel 2012 – dopo la mini-patrimoniale inserita dal governo Monti del decreto salva-Italia – passa all’1 per mille fino a un massimodi 1.200 euro (dal 2013 salirà all’1,5 per mille senza massimi). Nel nostro caso, considerando un deposito di 8mila euro l’imposta passerebbe da 1,81 a 80 euro. Alla fine comunque la strategia del conto di deposito porterebbe all’investitore un reddito netto annuo di 7.920 euro. Oltre duemila euro in più rispetto a quanto guadagnato dall’affitto dell’immobile. Chi detiene una casa, inoltre, deve fronteggiare le previsioni di un ribasso delle quotazioni nei prossimi mesi.

«La strategia di asset allocation potrebbe sembrare ben disegnata – continua Rossini –. Vendere il proprio immobile a prezzi pur sempre elevati beneficiando dell’apprezzamento registrato sugli ultimi anni (in base ai dati dell’Agenzia del territorio dal primo semestre 2004 al secondo semestre 2011 la quotazione media nazionale delle abitazioni è cresciuta del +29,9%, ndr) investire il ricavato a un rendimento netto del 4% per i prossimi 24 o 36 mesi su un conto di deposito; reinvestire quindi la liquidità rivalutata in abitazioni beneficiando probabilmente di un calo dei prezzi medi delle compravendite». Bisogna poi anche tener conto delle uscite legate all’acquisto (tasse, notaio, mediazione).

Chiaramente è un processo che richiede tempo e comporta dei rischi, anche perché le compravendite degli immobili in questa fase sono decisamente rallentante. «Ma la situazione attuale del mercato della liquidità spinge a considerare opportunità di arbitraggio fra rendimenti immobiliari sempre più incerti e rendimentida investimento del capitale certi e sicuramente allettanti».

Conto deposito

È un prodotto bancario che consiste in un deposito di denaro remunerato che non permette le tipiche operazioni e disponibilità caratteristiche invece del conto corrente. Può essere libero o vincolato: nel primo caso si ha l’immediata disponibilità dei soldi depositati; nel secondo invece si possono ritirare i propri risparmi alla scadenza del periodo di vincolo. Il vincolo viene remunerato con interessi variabili – comunque decisamente maggiori rispetto al conto deposito libero o al conto corrente –ma possono essere previste penali nel caso del ritiro di soldi prima della scadenza (che generalmente consistono nella mancata corresponsione degli interessi).

Cedolare secca

L’articolo3 del decreto legislativo 23/2011 ha introdotto il regime della cedolare secca sugli affitti; si tratta di un’imposizione alternativa – detta anche tassa piatta sugli affitti – rispetto all’Irpef. Si paga il 21% fisso  (il 19% per i canoni concordati) sui redditi da locazione, indipendentemente dal reddito complessivo del contribuente. Questo garantisce significativi risparmi a buona parte dei proprietari di case affittate. L’opzione può essere esercitata dal locatore, persona fisica, proprietarioo titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative.

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