Mutui, il tetto di Francoforte rilancia il variabile

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Il Sole 24 Ore

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Le prospettive. Dopo le parole di Lagarde il mercato scommette sempre più su un ribasso del tasso Euribor nei prossimi anni

«Il livello raggiunto dai tassi, se mantenuto per un periodo sufficientemente lungo, consente di raggiungere il target di inflazione».

È questa la frase chiave, in ottica mutui, pronunciata ieri dal governatore della Bce Christine Lagarde. Sebbene abbia alzato ancora i tassi (portando al 4% il tasso sui depositi, a cui sono agganciati gli indici Euribor ben conosciuti dai mutuatari a tasso variabile) la notizia può essere vista nella forma del bicchiere mezzo pieno per chi in questo momento sta rimborsando un mutuo indicizzato e che ha visto negli ultimi 13 mesi gonfiare a dismisura le proprie rate, con un aumento medio del 70%, con punte anche oltre il 100%. Sia ben chiaro, l’attuale rata nei prossimi mesi salirà ancora un po’ perché l’Euribor a 3 mesi (che ieri mattina, prima del summit della Bce, quotava al 3,85%) dovrà adeguarsi a quel 4% fissato dall’istituto di Francoforte.

Ma c’è la sensazione che le parole della Lagarde indichino che sia stata raggiunta la vetta. Come dire, che da questi livelli in poi sono decisamente più alte le probabilità che i tassi in futuro scendano piuttosto che continuino a salire.

Non a caso i contratti future che proiettano i movimenti dell’Euribor a 3 mesi nei prossimi anni hanno registrato un miglioramento rispetto al giorno precedente. Se prima delle parole della Lagarde questi contratti proiettavano l’Euribor al 3% nel 2025, da ieri l’aspettativa si è ridimensionata al 2,8%.

E, soprattutto, nei prossimi mesi o trimestri il mercato non sconta più altri rialzi. Il 4% sembra essere quel plateau (cima) di questo ciclo di politica restrittiva che il mercato attendeva da tempo, oltre il quale è naturale iniziare a pensare ai tempi del pivot, ovvero dell’inversione verso il basso della stessa politica. Ovviamente nulla è scolpito sulla pietra e la stessa Bce ha confermato di essere in modalità data dependent per calibrare le prossime mosse.

Non va poi dimenticato che il prezzo del petrolio a 90 dollari è tornato a far paura anche perché le proiezioni di inflazione della Bce sono tarate su livelli più bassi di prezzo del greggio. In ogni caso la Bce ha anche altre leve, oltre a quella dei tassi, per provare all’occorrenza a indebolire la domanda aggregata al fine ultimo di frenare le pressioni inflazionistiche.

 E questo lascia ben sperare chi ha subito sulla rata un rialzo monstre da 450 punti base in un anno. Detto ciò, cosa fare? Il variabile torna ad essere la soluzione più conveniente? O è sempre meglio ripiegare sul fisso? «Oltre agli Euribor negli ultimi mesi sono saliti anche gli Eurirs, gli indici dei mutui a tasso fisso. Di conseguenza i prezzi dei mutui a tasso fisso e tasso variabile potrebbero subire un nuovo incremento nei prossimi mesi.

Per questo motivo, nell’immediato, la differenza tra i migliori tassi, che oggi vede paradossalmente in vantaggio i fissi che costano l’1% in meno in partenza dei variabili, potrebbe restare tale, continuando a polarizzare la domanda di nuovi mutui verso il tasso fisso, che ad oggi spiega circa il 95% delle preferenze di privati e famiglie - spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it -.

Allo stesso tempo la diminuzione degli indici Euribor che avverrà nel corso della prima metà del 2024, a parità di spread applicati dalle banche sulle proprie offerte mutuo, porterà progressivamente a correggere l’attuale situazione paradossale che vede, appunto, mutui a tasso fisso maggiormente convenienti rispetto agli omologhi mutui a tasso variabile, nonostante il tasso fisso incorpori un’assicurazione di cui il variabile è sprovvisto.

Mi aspetto pertanto - concluse Rossini - che nei prossimi 12-24 mesi il mercato correggerà questa anomalia e che i variabili tornino in partenza a costare meno dei fissi, in un range di sconto compreso tra 40 e 100 punti base.

Questo movimento potrebbe stimolare di nuovo la domanda di mutui a tasso variabile arrivata quasi a scomparire nel corso degli ultimi 4-5 mesi».

Il variabile, quindi, potrebbe prepararsi al contro-sorpasso rispetto al fisso. Ma prima che questo accada bisognerà attendere almeno qualche mese. E l’arrivo di dati macro favorevoli. Nella speranza che l’inflazione nel frattempo non rialzi la testa rievocando i fantasmi della doppia ondata degli anni ’70. 

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