Sui mutui l’effetto BTp-Bund

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Il Sole 24 Ore

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Il rialzo dei rendimenti si fa sentire sui prestiti ma la trasmissione non è immediata.
Meno benefici col fisso.

Riflettori puntati sullo spread BTp-Bund anche da parte di chi deve sottoscrivere un mutuo ipotecario. L'allargamento dello spread impatta in qualche modo sui tassi e quindi sulle scelte degli utenti. Le dinamiche sono complesse e non valgono nello stesso modo per chi punta sul fisso o sul variabile.

«L'aumento dello spread BTp-Bund e il rialzo dei rendimenti dei titoli italiani», sottolinea Gabriele Minotti, coordinatore area mercati di Credem, «determina sicuramente un aumento dei costi di raccolta per le banche italiane. Cresce in prospettiva il costo del funding a causa delle maggiori incertezze per il futuro anche se l'azione della Bce, con il Qe e il TLtro, sta calmierando il mercato».

Due sono gli indicatori da monitorare. L'Euribor, il benchmark per i tassi variabili, e l'Eurirs, il punto di riferimento per chi sottoscrive un mutuo a tasso fisso. «Il livello dell'Euribor », aggiunge Minotti, «è maggiormente legato alle scelte della Bce. L'iniezione di liquidità nel sistema e la determinazione del tasso sui depositi liberi delle banche verso la Bce a -0,4%, impatta direttamente sul livello del tasso Euribor. L'Eurirs a lungo termine è dominato invece da dinamiche più complesse che entrano in gioco su orizzonti temporali decisamente più lunghi».

È influenzato sia da variabili europee (tensione sugli spread, elezioni, mosse Bce, eccetera) ma anche dalla dinamica dei tassi Usa. L'Eurirs a 20 anni è passato dal minimo storico dello 0,65% della scorsa estate agli attuali livelli in area 1,35%. «Ritengo quindi difficile», continua Minotti, «che i tassi possano tornare al minimo storico, al contrario in prospettiva mi aspetto che il tasso fisso possa continuare a salire diventando via via più costoso anche in conseguenza dell'aumento prospettico del costo del funding per il sistema bancario. In questa fase quindi continuerei a preferire i mutui a tasso variabile». Fino a oggi ci sono due fattori che hanno tenuto sotto controllo i costi del funding e che hanno permesso alle banche di non aumentare gli spread applicati ai mutui: da una parte la liquidità messa a disposizione dalla Bce con le operazioni di rifinanziamento Tltro e dall'altra l'aumento della raccolta a vista sui conti correnti che ha ridotto la necessità di finanziarsi con l'emissione di obbligazioni bancarie a tassi molto più alti. Grazie a questi due fattori, gli spread applicati dagli istituti ai clienti restano ancora oggi competitivi.

La trasmissione dell'aumento dell'Eurirs ai tassi applicati ai mutui non è immediato. L'ultimo osservatorio Mutui Crif– MutuiSupermarket evidenzia che a gennaio dopo 12 mesi di contrazioni ininterrote i tassi di offerta sui mutui a tasso fisso sono tornati a salire (+0,15%). «I mutui a tasso fisso», spiega Stefano Rossini, amministratore e fondatore di MutuiSupermarket.it, «vengono distribuiti con un tasso finito, composto dall'Eurirs e dallo spread applicato ai clienti. Quando ci sono degli aumenti dei tassi Eurirs l'impatto sui mutui non è immediato. Servono un paio di mesi perché questo accada. Il livello del tasso di riferimento Eurirs è correlato all'andamento dei titoli di stato europei, e in particolare del Bund tedesco che è il titolo di stato più rappresentativo nell'area euro. La ripresa dell'Eurirs registrata da autunno 2016 a oggi può voler dire che i vantaggi della scelta di un mutuo a tasso fisso si stiano progressivamente assottigliando».

Fino a oggi la trasmissione del rialzo dei tassi sui mutui a tasso fisso è stata contenuta. «Oggi i migliori mutui di mercato», continua Rossini, «hanno circa l'1,1% di tasso finito per i mutui a tasso variabile mentre per il fisso siamo attorno al 2,1% di tasso finito. Se dovessimo "scorporare" lo spread all'interno di questi tassi finiti, parleremmo di uno spread di circa 1,4% per i mutui a tasso variabile (considerando un Euribor negativo pari a -0,3%) e 0,75% per i mutui a tasso fisso (considerando un Irs 20 anni all'1,35 per cento)».

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