Mutui senza freni, il tasso fisso resta il preferito

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La Repubblica - Affari & Finanza

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SECONDO LE ULTIME RILEVAZIONI DELL'ABI, NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2016 LE EROGAZIONI SEGNANO UN BALZO DEL 40% RISPETTO A 12 MESI PRIMA. NON SI FERMA LA CORSA DEI PRIMA CASA. MENO SURROGHE

Gli spread ai minimi storici, la ripresa delle compravendite, la crescente concorrenza tra istituti di credito. Tre ragioni per spiegare la corsa dei mutui, che prosegue in Italia nonostante l'indebolirsi della spinta proveniente dalle surroghe.

Secondo le ultime rilevazioni dell'Abi, nei primi nove mesi del 2016 le erogazioni hanno registrato un balzo del 40% rispetto a dodici mesi prima. La rottamazione dei vecchi mutui prosegue, ma con meno forza rispetto al passato, dato che molti di coloro che avevano in essere finanziamenti con tassi elevati hanno già provveduto a rinegoziare il contratto o a passare a un altro istituto. Tanto che anche lo stock dei mutui in essere delle famiglie risulta in crescita.

Una conferma in tal senso arriva dalle rilevazioni di Mutuionline.it, che segnalano come le sostituzioni e le surroghe incidano per il 52,5% di tutte le erogazioni online tra luglio e ottobre, in frenata rispetto al 57,5% del primo semestre. Di pari passo cresce la quota dei mutui prima casa, che passano dal 34,2% al 39,3%.

Quanto ai tassi, viene confermata la dominanza del fisso (il 73,3% delle erogazioni), con il variabile a meno di un quarto (23,5%), il variabile con cap al 2,1% e il misto all'1,1%. «Dati che spiegano alla luce del fatto che oggi è possibile trovare sul mercato tassi fissi intorno all'1,5-1,8% contro variabili a poco meno dell'1%», spiega Roberto Anedda, direttore marketing di Mutuionline.it. La distanza resta importante, ma di fronte alla possibilità di fissare il costo della rata per tutta la durata del contratto spinge evidentemente a preferire la strada più sicura. Anche se la situazione dei tassi ufficiali non lascia immaginare un rialzo consistente in Europa nei prossimi anni.

La normalizzazione è inevitabile prima o poi, ma chi sceglie il variabile lo fa soprattutto nella consapevolezza che la maggior parte degli interessi si paga nei primi anni. Per quanto riguarda la durata, invece, la maggioranza dei mutui erogati ha una durata di 20 (il 29,5%) o di 15 anni(il 20,6%). Questo dato si spiega alla luce dell'atteggiamento assunto dagli istituti di credito nel post-crisi: gli spread (in pratica il guadagno della banca che si aggiunge allo spread) sono contenuti, ma solo per chi chiede finanziamenti fino al 60% o poco più del prezzo di compravendita. Nei casi di maggiore indebitamento, il tasso applicato sale perché il mutuatario viene ritenuto più rischioso. A livello di localizzazione geografica, i mutui erogati, segnala ancora l'osservatorio di Mutuionline.it, sono andati per il 39,7% al Centro Italia, seguito dal Nord con il 36,7%, il Sud al 16% e le Isole in coda (7,6%).

Detto di quel che è stato finora, lo scenario resta positivo anche per chi si appresta oggi ad acquistare casa. I prezzi in Italia continuano a calare, ma il dato del secondo trimestre (-0,4% rispetto al primo e — 1,4% nel confronto annuo) è il segnale che si va verso una stabilizzazione. Che per altro è già evidente tra le case già esistenti. La combinazione di queste evidenze fa dire a Stefano Rossini, amministratore e fondatore di MutuiSupermarket.it, che «siamo vicini a un punto di svolta». Anche perché ripresa delle compravendite è già in atto: nel secondo trimestre del 2016, segnala l'Istat, le convenzioni notarili sono cresciute del 20,6% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno. «Appena torneranno a crescere anche i prezzi, vi sarà la spinta psicologica ad accelerare le decisioni d'acquisto», spiega l'esperto. Anche perché sul fronte degli spread ci sono i primi segnali di tensione. «Alcuni istituti hanno cominciato a proporre i mutui a tasso variabile solo con la clausola floor, che li porta a considerare il parametro base per il calcolo dello spread a zero anziché seguendo l'Euribor a tre mesi, attualmente intorno al -0,3%».

Il risultato, dunque, è che il tasso finale risulta più elevato. Segno che la battaglia per aggiudicarsi il maggior numero di clienti mostra i primi segnali di stanchezza e si comincia a valutare con maggiore attenzione la sostenibilità economica delle politiche commerciali più aggressive.

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