Quando scenderanno i tassi dei mutui variabili?

E perché, per ora, resta ancora il fisso a farla da padrone
Anche a maggio, il tasso fisso si conferma il re del mercato. Il divario tra IRS a 20 anni (stabile attorno al 2,60%) ed Euribor a 3 mesi (in discesa) si aggira intorno ai 50 punti base, ma non è sufficiente a scalfire il dominio dei mutui a tasso fisso.
Guardando ai mutui “brown” – quelli destinati a immobili in classe energetica inferiore a D o C – la differenza tra fisso e variabile in termini di TAEG è piuttosto esigua: in media, parliamo di appena 5 punti base. Una forbice minima, che però diventa più ampia nel caso dei mutui “green”, cioè quelli riservati a immobili in classe A o B (in certi casi anche C, a seconda della banca – Intesa Sanpaolo fa caso a sé, a causa di una politica sul green unica). Qui la differenza può salire fino a 40 punti base.
Spread vs. Indici: chi comanda davvero?
Nonostante il movimento favorevole dell’Euribor – che tra aprile e maggio è sceso di altri 10 punti base, fermandosi su una media del 2,13% – sono le strategie bancarie a tenere il timone. In altre parole, comanda lo spread.
Gli istituti continuano a proporre mutui green con tassi anche inferiori all’IRS per incentivare le operazioni su immobili ad alta efficienza. Allo stesso tempo, per le famiglie italiane la sicurezza a lungo termine sembra essere ormai la priorità quando si tratta di scegliere il mutuo, tanto che le richieste continuano a essere, anche a maggio, al 98% su fisso.
Eppure l’Euribor scende (nonostante lo scenario globale)
La tendenza resta chiara: l’Euribor continuerà a calare nei prossimi mesi. Le proiezioni attuali parlano di un ulteriore -30 punti base entro l’autunno 2025, che potrebbero arrivare a -40 entro metà 2026, prima di una lenta e graduale risalita.
Va menzionato che alcune variabili geopolitiche e commerciali hanno già inciso sulle aspettative. A seguito della sospensione di gran parte dei dazi reciproci da parte dell’Amministrazione Trump, i mercati hanno rivisto al rialzo le previsioni sul costo del denaro: la curva dei futures sull’Euribor a 5 anni è salita tra i 5 e i 17 punti base.
Questo ha modificato le stime sul “minimo” previsto: se ad aprile si attendeva un calo dell’Euribor fino a 1,60% entro marzo 2026, oggi si prevede di toccare il punto più basso nello stesso periodo, ma con un floor più alto, attorno all’1,74%.
In sostanza, la direzione resta invariata: un calo deciso entro metà 2026, seguito da una risalita graduale a partire dall’estate dello stesso anno. È il ritmo a essere stato ritoccato, non la traiettoria generale.
Al contrario, l‘IRS sembra destinato a salire ancora di 5-10 punti base.
Per il periodo Gennaio 2022 – Maggio 2025 indicati i valori medi mensili di Euribor 3 mesi e IRS 20 anni.
Per i valori attesi da Giugno 2025 a Maggio 2030 estrapolati i dati dalle quotazioni dei Futures sull’Euribor 3 mesi scambiati sul Mercato Liffe di Londra il 22/05/2025.
Allora conviene tornare al variabile?
È la domanda che in molti iniziano a farsi: ha ancora senso ignorare il variabile? Forse no. Chi intende acquistare un immobile non particolarmente efficiente dal punto di vista energetico (come la gran parte dell’edilizia in Italia), e quindi non può giovare di un mutuo green, deve considerare le previsioni sull’IRS: se dovessero consolidarsi quelle attuali, il vantaggio in termini di spread di cui ancora godono i mutui a tasso fisso andrà a erodersi velocemente nel futuro prossimo. Chi stipula oggi un mutuo variabile potrebbe invece approfittare di rate più basse proprio nel periodo più delicato post-acquisto, quello in cui si affrontano le spese per ristrutturazioni, arredi, traslochi.
E poi? Poi si potrà con calma valutare una surroga verso il fisso, quando i tassi saranno ancora favorevoli. Una strategia da tenere in considerazione, soprattutto se si ha una certa flessibilità e si è disposti a monitorare il mercato con un minimo di attenzione.