La mora è definita come il ritardo ingiustificato nell'adempimento di un'obbligazione di dare o di fare.Occorre definire entrambe le specie di mora previste: la mora del debitore (mora solvendi) e la mora del creditore (mora accipiendi).
Seppur accomunate dal concetto di ritardo nell'adempimento, sono due istituti ben distinti: differiscono, infatti, tanto per la diversa posizione che il debitore e il creditore hanno nel rapporto obbligatorio quanto per la diversa attività da essi svolta al fine dell'adempimento: in particolare, mentre il debitore è obbligato ad adempiere, il creditore ha un diritto di cooperare all'esecuzione della prestazione dovutagli, senza essere ordinariamente obbligato.
La mora del debitore colpisce "il ritardo ingiustificato, imputabile al debitore (quindi colposo), frapposto nell'adempimento dell'obbligazione, qualora essa possa essere eseguita anche dopo la scadenza". Se l'adempimento tardivo non fosse possibile, o il creditore non avesse più interesse a ricevere la prestazione (ad es., nei negozi a termine fisso), non si avrebbe la mora con le relative conseguenze, ma la semplice responsabilità del debitore per inadempimento.
Si può riscontrare nelle obbligazioni di non fare poiché, se il debitore cessa dal non fare, egli è inadempiente. Peraltro, affinché ci sia la mora del debitore, occorre – oltre alla colpa – la sua costituzione in mora, derivante o da un atto d'intimazione da parte del creditore (mora ex persona) o per la semplice scadenza del termine stabilito (mora ex re). Gli effetti prodotti dalla mora del debitore sono:
- il risarcimento, a carico del debitore stesso, dei danni derivati al creditore dal ritardo (danni moratori);
- la sopportazione dei rischi e pericoli sempre da parte del debitore, in modo che egli resta responsabile se per caso fortuito successivamente la cosa dovuta perisca o l'esecuzione della prestazione si renda impossibile, dicendosi in tal senso che mora perpetuat obligationem.
Infine, la mora del debitore può cessare (purgazione della mora) per la rinunzia da parte del creditore (rinunzia agli effetti della mora, pur continuando a esistere il credito), oppure con adempimento o con qualsiasi altro mezzo di estinzione dell'obbligazione.
La mora del creditore, invece, si può definire come il "ritardo frapposto all'adempimento di un'obbligazione dalla mancanza della necessaria cooperazione da parte del creditore, quando egli non abbia una ragione obiettiva per rifiutarsi". Si può avere se l'adempimento di un'obbligazione richieda il concorso del creditore (che varia secondo casi: ricevere la prestazione, esercitare il diritto di scelta, apprestare i conti, ecc.): va esclusa, quindi, oltre che nelle obbligazioni di non fare anche nelle obbligazioni di adempiere un incarico, eseguire una prestazione a favore di un terzo, ecc. Gli effetti di tale mora sono:
- la cessazione della decorrenza degli interessi,
- il passaggio dei rischi e pericoli a carico del creditore (qualora essi in precedenza fossero, eccezionalmente, a carico del debitore)
- l'indennizzo delle spese a favore del debitore: non si può parlare ordinariamente di risarcimento dei danni a carico del creditore, mancando l'elemento della colpa.
Anche la mora del creditore può cessare o per la rinunzia fatta agli effetti di essa dal debitore o per qualsiasi causa di estinzione dell'obbligazione; tuttavia, nei casi in cui occorrono l'offerta reale e il deposito, la mora cessa se il debitore ritira la cosa depositata, o se una sentenza annulla definitivamente il procedimento.
Qualora l'obbligazione non venisse estinta, la cessazione della mora del creditore potrebbe dar luogo alla mora del debitore, come viceversa quella potrebbe far seguito a quest'ultima. Le due more però non possono coesistere riguardo allo stesso rapporto obbligatorio poiché l'una, per i suoi stessi presupposti, esclude l'altra.